Gli effetti delle specie invasive travalicano i confini degli ecosistemi

11. aprile 2024

Le specie invasive impattano sulla biodiversità in un ambito territoriale più vasto rispetto a quanto si ritenesse finora. In uno studio recentemente pubblicato, i ricercatori della Eawag e dell’Università di Zurigo hanno dimostrato che gli effetti delle specie invasive vanno ben oltre gli ecosistemi nei quali si insediano e che di questo sono responsabili in primis tre meccanismi. Questi risultati sono di grande importanza per la gestione degli ecosistemi.

Comunicato stampa di Eawag, 4 aprile 2024 

Le specie invasive sono diffuse a livello mondiale e hanno un impatto profondo sull’ecosistema in cui si insediano. Esse sono pertanto considerate una delle cinque principali minacce per la biodiversità globale e per gli ecosistemi. Sono stati due ricercatori dell’Istituto per la Ricerca sulle Acque Eawag a dimostrare per la prima volta, con uno studio che è stato recentemente pubblicato sulla rivista specializzata «Nature Ecology & Evolution», che le specie invasive provocano effetti che spesso superano i confini dell’ecosistema in cui si sono insediate. La post-dottoranda Tianna Peller e Florian Altermatt, capogruppo alla Eawag e professore di ecologia acquatica presso l’Università di Zurigo, hanno raccolto per la prima volta in una panoramica globale gli esempi degli effetti delle specie invasive sugli ecosistemi a livello mondiale. I risultati di questo studio gettano una luce tutta nuova sulle proporzioni della minaccia ecologica causata dalle specie invasive. «Il nostro lavoro dimostra che gli effetti delle specie invasive rappresentano un fenomeno onnipresente che va ben al di là dei confini degli ecosistemi», spiega Tianna Peller, «causando alterazioni della biodiversità nonché delle funzioni ecosistemiche a livello mondiale.» Ecco perché occorre una gestione integrale delle specie invasive.

Tre sono le vie principali che causano gli effetti sugli ecosistemi

Le interazioni tra gli ecosistemi sono molto diffuse in natura, per esempio tra boschi e laghi, praterie e fiumi, o tra barriere coralline e abissi marini. Con il loro lavoro i ricercatori hanno dimostrato che le specie invasive influenzano queste interazioni in tre modi diversi. In primo luogo possono modificare la quantità di organismi e materiali che passano oltre i confini degli ecosistemi. In secondo luogo possono modificare la qualità di questi flussi, il che si può ad esempio ripercuotere sull’importanza per gli animali che si cibano di essi. E in terzo luogo le specie invasive possono causare nuovi flussi territoriali tra gli ecosistemi che non esistevano prima della loro diffusione, ad esempio attraverso le sostanze vegetali secondarie che vengono prodotte da piante terrestri invasive e che giungono negli ecosistemi acquatici.

«Ciò fa sì che le specie invasive possano avere impatti ecologici fino a 100 km oltre l’ecosistema in cui si insediano», spiegano gli autori dello studio. «Anche se spesso classifichiamo le specie invasive come acquatiche o terrestri, i nostri risultati indicano che gli effetti delle specie invasive sovente oltrepassano l’interfaccia tra l’ambiente acquatico e quello terrestre.»

I predatori invasivi dell’arcipelago delle Chagos

L'esempio dei ratti (Rattus spp.) che sono stati introdotti su alcune isole dell'arcipelago delle Chagos nell’Oceano Indiano, illustra chiaramente come le specie invasive impattino sullo sviluppo territoriale innescando tutta una sequenza di effetti su altri ecosistemi. Questi predatori invasivi hanno notevolmente fatto diminuire la densità degli uccelli presenti sulle isole. Meno uccelli significa meno guano e di conseguenza si è verificato un minore afflusso di azoto dalle isole alle barriere coralline. Ciò a sua volta ha avuto ripercussioni sui pesci delle barriere coralline, la cui biomassa è diminuita fino al 50 percento. Questa situazione ha fortemente alterato importanti funzioni ecosistemiche dei pesci, come la brucatura e la bioerosione.

Dall’Himalaya alla Svizzera

Un esempio dalla Svizzera dimostra la capacità delle specie invasive di causare nuovi flussi territoriali tra gli ecosistemi. L’immissione della balsamina ghiandolosa (Impatiens glandulifera) originaria dell’Himalaya ha fatto sì che le sostanze vegetali secondarie prodotte da questa specie vengano dilavate in ecosistemi acquatici limitrofi, compromettendo la crescita e il tasso di riproduzione degli organismi acquatici.

Il vorace salmerino di lago degli USA

L’invasivo salmerino di lago (Salvelinus namaycush) negli USA è un ulteriore eclatante esempio della sequenza di effetti territoriali che può essere provocata da una specie invasiva. Questo pesce si nutre dell’autoctona trota golarossa di Yellowstone e ne ha interrotto la migrazione dai laghi ai fiumi. Ciò si ripercuote sui cicli dei nutrienti e sulle reti trofiche sia nei fiumi che terrestri.

Effetti sulla gestione degli ecosistemi

Complessivamente questo studio sottolinea l’importanza di considerare un contesto territoriale più ampio nella valutazione degli impatti ecologici delle specie invasive. In particolare lo studio dimostra che le specie non autoctone dovrebbero essere esaminate non soltanto entro i classici comparti ecosistemici come quello marino, terrestre o di acqua dolce, ma che la loro gestione richiede una prospettiva più globale. «Se riusciamo a capire quali impatti provocano le specie invasive sull’interazione tra gli ecosistemi, potremo impiegare in maniera più mirata le misure di gestione al fine di arginarne gli effetti», afferma Florian Altermatt.

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