Conferenza sul clima: un primo passo per dire addio al petrolio

12. dicembre 2015

In nessun'altra conferenza sul clima, si era lavorato così intensamente come a Parigi. Ma troppe decisioni sono state rimandate perché il suo esito possa dirsi soddisfacente; tra queste, l'abbandono delle energie fossili, che subirà un inutile ritardo. Per il WWF, il nuovo accordo è un bel passo avanti, ma non una svolta. Ora ogni singolo Stato è chiamato a fare la sua parte.

La delegazione di Parigi si è trovata di fronte a un'impresa titanica: riuscire a conciliare le posizioni di quasi 200 paesi. L'accordo che è stato presentato oggi chiede a tutti gli Stati di fare la propria parte. "È un passo importante e tutt'altro che scontato", afferma Patrick Hofstetter, responsabile Clima ed Energia per il WWF Svizzera e membro della delegazione svizzera a Parigi. "Tuttavia, questo accordo è debole nella sua sostanza per impedire i cambiamenti climatici". Per questo, da subito è necessario non finanziare più in alcun modo le infrastrutture legate alle energie fossili, dagli impianti di riscaldamento a olio combustibile ai tunnel in autostrada o alle piattaforme petrolifere. L'accordo va nella giusta direzione, ma molte questioni importanti sono state rinviate. Si tratta di un passo nella direzione giusta, ma rimane al momento "solo" un passo.

Un buon accordo, secondo il WWF, doveva prevedere:

  • un chiaro avvio dell'uscita dal petrolio, e questo da subito;
  • un incremento progressivo delle iniziative per la tutela del clima da parte di tutti i paesi, che dovranno mostrare intenzioni concrete;
  • un meccanismo efficace di verifica quinquennale per incentivare tali azioni;
  • un finanziamento equo ai paesi più poveri per i progetti a favore del clima.


Ed ecco ciò che abbiamo ottenuto da Parigi:

  • la volontà di prendere finalmente sul serio i dati scientifici, rafforzando l'obiettivo di mantenere il riscaldamento globale il più possibile al di sotto dei 2 gradi o dell'un grado e mezzo;
  • un meccanismo che però al momento è ancora troppo poco vincolante; non vi è un piano concreto che indichi come si possa mantenere il riscaldamento globale entro questo limite, e tanto meno al di sotto di 1,5 gradi;
  • finanziamenti per il clima dove chi ha causato maggiormente i cambiamenti climatici se la cava con troppo poco, mentre i Paesi poveri pagano un prezzo troppo alto.


Ogni singolo Stato è ora chiamato a far fronte alle proprie responsabilità: determinare i propri obiettivi climatici e decidere le misure che consentiranno di raggiungerli. La Svizzera può fare da apripista: a Parigi il mondo ha giustamente chiesto una politica climatica che permetta di contenere il riscaldamento globale entro 1,5 gradi. In parole povere: la nuova legge sulle emissioni di CO2 – che finirà sul tavolo dei nostri politici l'anno prossimo – dovrà calcolare una riduzione di emissioni del 60% entro il 2030. "Quindi, c'è ancora tanto da fare", sostiene Patrick Hofstetter. "Se tutti Capi di Stato e i ministri dell'ambiente fossero coerenti con ciò che affermano, avremmo ottenuto un risultato molto soddisfacente."

Ulteriori informazioni:
un'analisi più dettagliata dell'accordo sarà disponibile a breve su:

Contatto:
Susanna Petrone, responsabile della comunicazione, susanna.petronenoSpam@wwf.noSpamch, 0033 65 848 91 29 

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